off

Speranza del Paradiso

Il discorso del Servo di Dio Didaco Bessi

(181 r)1

Dovendo pigliar congedo da voi, o Dilettissime nel Signore, io non so come meglio indirizarvi la parola; che esortandovi a sollevare le vostre speranze agli amplessi dello Sposo celeste. Al paradiso sì al paradiso pensate, a quella mercede inestimabile, a quel premio che avanza ogni desiderio, e continuate con intrepido coraggio, e con santa allegrezza a percorrere da forti le vie del Signore. Verrà tempo che potrete dire: Vox dilecti mei, ecce iste veniens saliens. E’la voce del mio sposo diletto che mi chiama: ecco ch’egli mi viene incontro esultando: ecce iste venit saliens. O che felice giorno sarà quello per voi! o come piene d’ineffabile gioia suoneranno alle vostre orecchie le parole colle quali il Signore accoglierà nella gloria l’anima vostra! Surge, dirà, surge amica mia, columba mea, formosa mea et venii. Sorgi amica mia; leva il capo dalla cenere, spoglia il cilizio, tergi le lacrime, ché il tempo della battaglia è compiuto, ed io ti aspetto al trionfo: surge; sorgi o colomba mia, spiega il volo dalla trista valle e raccogli le ali sugli alti cedri del Libano: cessa i dolenti gemiti e spiega il canto alla gioia: sono qui che ti aspetto. Surge, sorgi o mia bella, ch’io ti farò più bella ancora. Ti fanno ammirazione le stelle? ed io ti incoronerò di quelle. Ti fa attonita la maestà del Sole? ed io ti apparecchierò un trono più maestoso del sole. Imperocché il tempo delle tribolazioni è per te passato: i giorni di prova sono compiuti: iam enim hyems transiit, imber abiit et recessit.

Tale sarà certamente il linguaggio dello Sposo vostro celeste, o Dilettissime nel Signore, allorché compiuta avrete la vostra carriera mortale. Tale almeno deve essere la vostra ferma speranza. Poiché meglio e più profittevole è sollevarsi a Dio colla serena ilarità della speranza, che colla cupa tristezza del timore. Questo può giovare ai mondani, ma sarebbe disdicevole a voi che professate nel ritiro, vita di perfezione2. Servite dunque il Signore nell’allegrezza e sperate. La pietà e la divozione è tanto più bella, tanto più attraente, quanto più è serena, fiduciosa e tranquilla. Oltreche nella speranza vi ha più amore: chi fa le cose con timore, le fa come per forza. Chi osserva la legge di Dio per paura dell’inferno, non si può dire che ami perfettamente Dio, giacché se non fosse l’idea di quell’orribile ed eterna pena, costui non saprebbe certamente contenersi e si abbandonerebbe alla colpa. Ma chi serve Dio, chi ama Dio solamente perché spera nel possedimento di lui, considerandolo come unico suo bene, e come termine di tutti i suoi desiderii, egli veramente lo ama. Per divenire veramente spirituale, assai più conferisce la meditazione del Paradiso, che dell’inferno. Quella dell’inferno ha seco violenza e molestia; com’è natura del timore; quella del paradiso s’ adopera con soavità e genera l’amore com’è proprio della speranza. [Imperocché il timore ci fa dimorar col pensiero fra il nostro male; e la speranza fra il nostro bene. Quel che si vuole per la forza del timore, non si vuole appieno, anzi ha gran mescolanza d’involontario, come insegnan le Scuole. Quel che si vuole per l’eccitamento della speranza è volontario del tutto. Se il padrone comanda al servo sotto pena di battiture di vestir da estate in tempo di inverno, il servo lo farà e per conseguenza lo vorrà; ma con acerbo rammarico ed a suo dispetto, quasi odiando il padrone che a ciò lo costringe. Ma se alla stessa opera colui è tratto dalla speranza del premio, appena sentirà il travaglio. Chi è atterrito dalle paure sentesi posto tra due mali: l’uno e l’altro gli è odioso: per sottrarsi al maggiore, si sottopone al minore; ma a malincuore, perocché anche il minor male è pur male, ed è nemico della volontà. Chi è invitato dalla speranza intende a procacciarsi con tenue male un gran bene; onde il fa d’allegro animo, come sempre l’uomo si rallegra d’avanzar nel bene ( Pallavicino).]3

Dunque state di buon animo, o Revdē Madri; servite il Signore nell’allegrezza, e sollevate il vostro cuore alla speranza. Al Paradiso al Paradiso, Dilettissime, colà vadano a riposarsi le vostre contemplazioni, colà si appuntino i vostri pensieri. Sarà questa una presunzione? Nò. [Imperocché voi abbandonando il mondo, rinunziando alle sue pompe e ai suoi piaceri, vi siete tolta come una caparra di quella beata eredità.]4 Nò non sarà una presunzione, perché la via che vi siete prescelta conduce a quel termine immancabilmente. Se questo non fosse, a che avreste abbracciata codesta regola, a che vivereste ritirate nell’orazione, nella meditazione, nelle penitenze? A che le divote salmodie tutti i giorni ripetute con fervore di spirito nel coro? A che le divote pratiche di pietà frequentate con tanto affetto? [A che finalmente questo particolare più stretto ritiro in cui nei passati giorni vi siete raccolte?]5 A che con tanta premura avete prestato orecchio alle divine verità ch’io debolmente vi ho annunziate? E non sono questi altrettanti mezzi a pervenire a quel fine desiderato? Non gli avete voi adoperati con zelo? perché dunque non vorreste sperare in un esito felice? [Infatti se Dio è misericordioso e buono anche per coloro che vivendo nel mondo contraggono non poco del suo fango, quanto maggiormente non sarà misericordioso con voi che dal mondo vivete divise, e poco penetra costà delle sue miserie? O non sarebbe questo un troppo diffidare dello Sposo vostro celeste che tanto vi ama?]6 Come potreste credere che egli sia per abbandonarvi, e per non ricevervi7 nel suo regno, senza fargli ingiuria? Ah, ch’egli più di voi desidera la vostra salute e la vostra gloria. Perciò, vi ripeto, rallegratevi nel Signore, e sollevate i vostri cuori alla dolce speranza della patria celeste al Paradiso. Che temete? Per voi prega il vostro santo Istitutore, cui tanto sta a cuore la salute delle sue figlie. Per voi prega Maria, la Regina delle Vergini, acciocchè siate chiamate ad accrescere il suo coro. Per voi pregano i Santi vostri Protettori, che vi desiderano a parte della loro beatitudine. Ah via dunque il timore e la tristezza: si rassereni il vostro cuore, e tutto si rallegri della più bella speranza.

Ma voi mi direte. Oh sì che noi vorremmo sperare ed esser liete nel servizio del Signore, se fossimo sicure che questo santo servizio è da noi sostenuto conforme la divina volontà! Ma poiché troppo sappiamo quanto sia facile di errare in esso o di essere sorprese da colpevole negligenza, e trascuranza, perciò non può fare a meno che una qualche tristezza non entri nel nostro cuore, pensando al rigoroso conto che noi dovremo rendere nel dì della retribuzione.

E’vero: è troppo facile l’errare, o Revdē Madri, è troppo facile di raffreddarsi nel divino servizio. Ma pensate che il conoscere, come voi fate, questo pericolo, è un pegno sicuro che voi vi date ogni studio di evitarlo. E se questo è, come non ne dubito, Iddio accoglierà benignamente le premure che vi date di tenere sempre accesi nel vostro cuore lo zelo e la carità. Laonde anche per questa parte voi non avete di che rattristarvi. [Forse non è vero che tratto tratto vi arrestate nella vostra via, per ripigliare nuove forze, e per astergervi di qualche imperfezione che in forza dell’umana fiacchezza aveste potuto contrarre?8 Perché in questi passati giorni9 ci siamo insieme trattenuti in sante meditazioni e in salutari colloquii? Non era questo il fine, di rinfrancarsi, ciòè, nella vita spirituale?]10 Or dunque quando voi avete fatto quanto le vostre forze vi consentivano ad evitare quel pericolo che sopra mi avete accennato, deh non vogliate spogliarvi della fiducia nella divina bontà e misericordia, ma rallegratevi e sperate. Siete forse in timore di non trarre tutto il profitto necessario dalle verità eterne che in questi giorni santi di ritiro e di preghiera11 abbiamo insieme meditate? Ebbene, io non vi dirò che voi abbandoniate affatto questo timore, perché può essere un salutevole stimolo a tenere l’anima vostra desta e vivace nel divino servizio. Ma non sia però tanto, da dovervi fortamente contristare e farvi diminuire la speranza. Tenete bene nella memoria presenti le verità che vi debbono guidare nella vostra via, e poi andate libere e franche. Anzi nell’atto di dovermi licenziare da voi, o Revdē Madri, non mancherò di venirvi in breve ritoccando quelle che a me pajono più importanti e più fondamentali, affinché esse siano come altrettanti ricordi ch’io vi lascio nel separarmi da voi.

Ed in primo luogo tenete sempre ferma questa regola di riferire ogni vostra azione a Dio, facendo tutto per servire a lui, e per piacere a lui solo. Siete al lavoro? lavorate non solamente pel materiale guadagno, ma perché Iddio non vi vuole oziose, perché vuole che prestiate l’opera vostra a chi di voi ha bisogno. Vi prendete un poco di spasso e di ricreazione? ricreatevi, col fine di ripigliare maggior fervore nelle opere del divino servizio. Siete a prender cibo? prendetelo, perché Iddio vuole che conserviate fino che a lui piacerà quella vita che egli vi ha dato. Non parlo poi delle opere spirituali; imperocché esse si riferiscono naturalmente a Dio di per se stesse. Ma anche in esse molto dipende da voi il riferirsi più o meno al fine cui sono dirette. Perciò sia ogni vostro studio e nel coro e nella Chiesa ed in ogni altro esercizio di pietà di tenere la mente in una stretta unione con Dio. Tenete lontani gli effetti perniciosi dell’abitudine, specialmente in quegli atti che essendo ogni giorno ripetuti, troppo facile è che riescano materiali e meccanici. Perciò innanzi ad essi non mancate mai di richiamare la vostra attenzione, dicendo: che fo adesso? Questo esercizio di tener sempre Dio presente e di riferir tutto a lui non solo nelle opere di pietà, ma anche in quelle più indifferenti e materiali, servirà mirabilmente a tenere accesa nel vostro cuore la divina carità, e a rendere più stretta la divina unione.

In secondo luogo ricordatevi, Revdē Madri, che la prima opera di santificazione per voi è la esatta e strettissima osservanza delle regole. Il vostro santo Istitutore ha certamente prescritto tutto quello che era necessario a raggiungere l’intento che vi siete proposto raccogliendovi in questo santo Monastero. Non ci manca nulla. Perciò facendo anche quel solo basta: non è necessario andar cercando il di più: tenetevi lì ferme, e sarete sante. O se pure il vostro fervore vi spingesse a fare di più di quello che è prescritto, badiamo bene che questo non sia a carico delle regole, perché questa sarebbe una pietà tanto male intesa, tanto folle, che dispiacerebbe infinitamente a Dio. Perciò se mentre attendete alle vostre particolari orazioni suona il campanello, lasciate anche a mezzo un’Ave Maria e correte. Perocché voi vedete bene che se tutte volessero fare come detta la particolare devozione, e non come vuole l’ordine della Comunità, non ci sarebbe più regola, e la confusione subentrerebbe all’ordine e alla pace del Monastero. Fuggite il funesto errore di quelli che tutto fanno con zelo, fuorchè quello a cui sono obbligati. Perciò se l’ordine della comunità vorrà che voi stiate in ricreazione coll’altre, guardatevi dal voler fare invece la meditazione, se vorrà che vi ponghiate al lavoro, guardatevi dal volere fare orazione; se vorrà che voi facciate servizio alle vostre compagne, guardatevi dal volere stare in ginocchioni nella vostra cella. Dunque osservanza delle regole; state forti in questo; sia in questo il primo vostro zelo, perochè ogni altra cosa, fosse pur santa, che stesse a carico di esse, sarebbe un funesto inganno del Demonio.

In terzo luogo tra le belle virtù che debbono risplendere in un Monastero12, ponete ogni studio che sopra all’altre risplendano l’umiltà, l’obbedienza, la fraterna carità. Senza umiltà l’orazione sarà inefficace; senza umiltà non potrete di un passo avanzarvi nelle vie di Dio. Ma ricordatevi che questa virtù non vuole essere solamente nelle parole; non vuol’essere solamente in certe frasi di convenzione, che tutti suppergiù umili o non umili, hanno di frequenti in bocca, ma che in fondo non hanno altro valore che quello di certi insipidi complimenti che si sogliono fare nella civil società. Fuggite da quelle affettate espressioni di umilità che si sforzano di fare apparire quello che non è, o che altro fine non hanno che di provocare delle lodi. Questa sarebbe la più fine, la più maliziosa, la più odiosa superbia. Se voi considererete seriamente la fragilità umana in generale, e poi la vostra particolarmente; se considererete, che l’uomo per quanto faccia nel servizio di Dio, tuttavia non può mai far tanto da saldare i suoi debiti, e molto meno da rimaner creditore, non potrete a meno di non essere umili veramente di cuore. Rispetto all’obbedienza tenete sempre presenti i suoi tre caratteri che la rendono perfetta, e tale quale dee trovarsi in una comunità di religiose. Cioè che ella sia cieca, pronta, costante. [Cieca significa che ella non deve ricercare le ragioni del comando quando esso parte da chi ha autorità di darlo, e che essa non deve essere solamente materiale ed esterna, ma accompagnata ancora dall’ossequio dell’intelletto e del cuore. Pronta, che non deve guardare a’ propri comodi, ma correr subito all’atto, qualunque sia la ripugnanza che uno vi provi. Costante infine, che non debba manifestarsi solamente in certe cose, solamente con certe persone, solamente in certi tempi; ma in tutto, con tutti e in ogni tempo, né solo in ciò che è di maggiore rilievo, ma in ciò pure che è di minore importanza.]13 Finalmente se la fraterna carità è necessaria tra tutti gli uomini, e se Dio ha dato a tutti quel solenne precetto dell’amor vicendevole in cui tutta si compendia la legge, ad ogni genere di persone; dovete esser persuase che massimamente importa alle persone che vivono nel chiostro, dove essendo più immediato il contatto e più stretta la società, è neccessario che l’uno ami l’altro, che l’uno l’altro sopporti, che l’uno all’altro serva, che l’uno l’altro compatisca ed abbracci, a volere che quei legami di fraterna carità non sieno infranti. Pensiamo quanto Dio ama noi; come pazientemente sopporta le nostre colpe, come benignamente tollera le nostre imperfezioni, perciò anche noi dobbiamo avere verso i nostri fratelli quel cuore medesimo che egli ha per noi.

In quarto luogo finalmente [procurate che il distacco che avete fatto dal mondo sia completo.]14 Custodite il vostro cuore affinché in esso niente entri che sappia di mondano. Con questi avvertimenti io15 vi lascio, o Dilettissime nel Signore. [Perdonatemi se in questi giorni io non ho corrisposto al dover mio siccome avrei dovuto: perdonatemi se non ho nell’annunziarvi la divina parola spiegato quello zelo e quella scienza che richiedeva il mio santo Ministero.]16 E intanto prostriamoci con umilità di cuore e fervore di spirito ai piedi di Gesù Crocifisso e preghiamolo della sua assistenza e della sua benedizione.

Adorato Signore noi vogliamo coll’ajuto della vostra grazia seguire fedelmente tutto il tempo della nostra vita i vostri passi: non vogliamo mai staccarci da voi, che siete l’unico nostro bene: per voi ci proponghiamo di combattere questa nostra ribellante natura; per voi vogliamo sostenere tutti quei sacrifizii che può dettare la carità più ardente. Voi siete la nostra vita, il nostro tesoro. Se perdiamo voi o Signore, tutto è perduto: circondateci della vostra potenza, sosteneteci colla vostra grazia e fate che nella via che ci resta a percorrere non dobbiamo mai cadere.17 Fortificateci ora colla vostra benedizione, e ci sia essa come pegno del finale trionfo. Benedite alla Superiora di questo Monastero e accompagnatela sempre col vostro consiglio, colla vostra assistenza nel governo delle sue sorelle. Conservatele lo zelo del bene, il fuoco della carità; la prontezza nel sorvegliare, l’umiltà nel comandare, la dolcezza nel riprendere. Benedite o Signore anche a colei che della Superiora tiene le veci, e fate che sieno ambedue in un sol pensiero, in un solo proponimento, in un solo affetto, in una via sola nel reggimento di questa vostra cara famiglia. Benedite a tutte quelle che sostengono il carico di qualche officio e concedete loro gli opportuni ajuti, affinché adempiano secondo il cuor vostro il loro dovere. [Benedite a quelle che sono già presso a compiere il corso di loro vita mortale, e fate o Signore che come fin qui si sono mantenute costanti all’amor vostro, così non debba fallir loro il premio desiato. Benedite a quelle che sono alla metà del cammino e raddoppiate loro le forze perché possano con ugual prontezza e coraggio pervenire alla meta. Benedite quelle che sono ancora nel fiore della giovinezza ed accettate o Signore le primizie dei loro affetti, concedendo loro grazia di crescere un dì più dell’altro nelle opere della perfezione e della santità.]18 Benedite a colei che è proposta alla cultura delle giovani pianticelle che levate per ora di mezzo al mondo, e qua trapiantate, produrranno un giorno, frutti bellissimi di santificazione. Benedite infine o Signore, tutte queste vostre spose dilette: infondete la gioia del Paradiso nel loro cuore; sostenete in esse la speranza dei vostri premii immortali, e fate che giunte un giorno al termine delle prove e dei combattimenti in questo mondo periglioso, possano senza pur toccare le fiamme espiatrici del Purgatorio, spiegare liberissimo il volo al Paradiso. E così sia.

1 As Salesiane 92 Ad S. Domenico 87 S. Pietro 88

2 I Religiosa

3 […] Testo omesso in una successiva utilizzazione del discorso.

4 […] Testo omesso in una successiva utilizzazione del discorso.

5 […] Testo omesso in una successiva utilizzazione del discorso.

6 […] Testo omesso in una successiva utilizzazione del discorso.

7 Le ricervervi

8 A E che altro fine hanno questi santi esercizi che ogni anno voi fate?

9 I questa trascorsa Quaresima

10 […] Testo omesso in una successiva utilizzazione del discorso.

11 I che nel corso della quaresima,

12 I una Comunità Religiosa

13 […] Testo omesso in una successiva utilizzazione del discorso.

14 […] Testo omesso in una successiva utilizzazione del discorso.

15 I termino il mio corso di predicazione

16 […] Testo omesso in una successiva utilizzazione del discorso.

17 A Fate o Signore, che i frutti di questi santi esercizii sieno frutti di vita e di premio.

18 […] Testo omesso in una successiva utilizzazione del discorso.

Autore